34. FORMAZIONE

 Perché una qualsiasi cosa possa avere dignità ontologica ovvero possa trovare collocazione nella realtà, in fin dei conti perché possa esistervi, deve non solo stagliarsi, apparire una tra altre categorie, ma avere già senso promettente o quantomeno una forma data per confronto con qualcos’altro destinato momentaneamente a minore dignità. Uno sfondo, quantomeno. Solo la differenza valoriale è informazione, non una serie come collazione di enti di valore indifferente.

 È sempre l’oggetto diversamente affettivo (zärtlich) a poter essere detto. È la famosa “costanza della forma” di cui parlano gli psicologi e il “tratto unario” di Freud e Lacan. Faccende psicologiche anzi che filosofiche atte a sospendere, trascendere o inventare il tempo della visione. Siamo relativisti e pregiudiziali anche senza far conto del trascendentale kantiano, se ne lamenta anche Goethe: “L’occhio vede ciò che la mente riconosce”.

 Ma, notiamolo per inciso, è sempre più l’oggetto sperimentale della Scienza, il modello. Se non stabile, stabilizzato in onta alla precarietà di ogni ipotesi.

 Non solo un Io identitario ma anche l’essere del soggetto non fa eccezione nel differire da e in un “inutile tutto” e pertanto fanno Dasein, un esser-ci come oggetto a dispetto della Cosa. Che questo famoso Dasein si possa ridurre al semblant lacaniano, immaginario-simbolico, è un altro discorso, psicologico: dopotutto si ridurrebbe all’immaginario anche per Jaspers…

 Ciò che diceva Il mio amico Kanizsa, allievo di Musatti eppure rimasto felicemente gestaltista, che niente di insensato possiamo vedere,  si può universalizzare dicendo che niente di veramente insensato si può pensare, perché è la struttura del linguaggio simbolico il nostro Umwelt ritagliato nel Reale (che è il nome dell’inutile tutto cui apparteniamo) e il senso la direzione che vi prendiamo nelle nostre dinamiche trepidanti e goderecce, più che vitali, tra i significanti verso qualche significato che può esistere solo come un segno di pausa pulsionale, di soddisfazione immaginabile come sufficiente. La realtà. La presa. Vi prendiamo la direzione come la zecca verso l’acido butirrico, per essa invece segno di sopravvivenza. Naturalmente non ha niente a che vedere né con la nostra idea di sensatezza né con i nostri bisogni più o meno chiaramente esprimibili: c’è piuttosto l’intervento dell’intelletto umano nella percezione, organizzato già ab origine durante la prolungata fase anaclitica infantile in cui il progresso consiste nell’aggio che il desiderio farà sul bisogno in parallelo con il significato sulla cosa dei godimenti.

 L’immagine che si ibrida in un suono colloquiale con il primo Altro, la madre, è riconosciuta, nel senso di validata come significativa, in un primo momento, di faccende concrete e banali, di corpo, gratificanti o frustranti, e poi, un giorno forse, di faccende astratte e “sublimi”. Si forma il semblant lacaniano e a suo lato l’inconscio: quelle percezioni che per il momento non sembrano poter supportare un significato facilmente fruibile per l’amministrazione dei piaceri (Freud), dei godimenti (Lacan) e degli affetti (Klein), svaniscono nello sfondo, nel campo dell’ineffabile (e dell’angoscia), mentre altre, promettenti, vengono trattenute e trasformate in significanti disponibili oppure, se meno promettenti in ampio contesto o addirittura scabrose, secondo Freud vengono rimosse non senza essere crittografate e ordinate tanto da poter rinvenire. Ciò consente a Lacan di affermare che l’inconscio è strutturato come un linguaggio. La pulsione che l’irruzione del linguaggio simbolico ha ritagliato dagli istinti consegnerà l’istinto sessuale al desiderio sottraendolo al bisogno; dopotutto il Fallo, il primum simbolico, si erge (si forma) nel luogo di una mancanza istintuale che al desiderio, per starci, non mancherà mai.

 È un meccanismo non placido né molto efficiente a fronte di ciò che non vi si adatti: in fondo così si uccidono le cose nell’intento di estrarne un senso fermo e usufruibile, significati a portata di mano, mentre tutto ciò che residua sono i significanti, senso fluido e precario, privo di meta certa, che rimanda fatalmente alla scandalosa origine libidica del meccanismo: a portata di mano, anche fuori di metafora, non resta che la masturbazione come riutilizzo dello scarto…

Lascia un commento