La peste e i suoi vantaggi

Quando fu scritto il libro che qui supportiamo non era ancora avvenuto l’evento risaputo ciclico detto epidemia nella Storia. Risaputo ciclico e pertanto da classificare tra i più banali, eppure con quel tocco di Reale in grado di provocare sommovimenti e vortici fin troppo avvertibili nella struttura simbolica, in quella che un poeta tedesco chiamò Weltinnenraum, in altre parole in tutto quello che di noi stessi possiamo sapere. Da tempo immemorabile: epidemia significava per i Greci letteralmente “ciò che sovrasta il popolo”, oggi si potrebbe dire la gente.

Avviene che i significanti più vicini si allontanano da noi e quelli più lontani si avvicinano, così che l’immaginario ne possa approfittare e prendersi una vacanza dal buonsenso che in fondo è il senso del limite di ogni discorso e in primis del “discorso del Padrone”, spirito dei tempi, ideologia corrente o presenza metafisica che sia. Succede allora che, citando Kafka citato da Magris, “le cose non stiano più al loro posto e le parole non le dicano più”. E’ avvenuto che l’evento provochi fenditure nelle dighe immaginarie dell’epoca costruite sulla base del principio di realtà e del principio di piacere , ovvero di stasi immunitaria tra nascita e morte, e che il Reale irrompa come cambiamento traumatico  con tutta la portata di angosce e godimenti, un chiasmo indissolubile su cui fa perno la giostra dell’immaginario rendendo necessari aggiustamenti simbolici.

E’ evidente che l’epidemia ha indotto nel popolo, nel demos di epi-demia, fantasmi di ogni epoca e formato, tra questi un diffuso disorientamento che volge a millenarismo o quantomeno a qualche ”anomia” alla Durkheim  o a qualche “crisi della presenza” demartiniana. Sta di fatto che la gente è spaventata e chi potrebbe o dovrebbe rassicurarla non fa altro che propinarle dappertutto l’immagine di una palla grigio-azzurra con tanti tentacoli rossi dotata di nome, cognome e numero: Virus Covid 19. La Cosa terrorizzante dei film americani tra “horror” e fantascienza e nello stesso tempo uno tra cento nomi di Satana.

Nella paura generalizzata (a dire il vero molto legata alla capacità di leggere i numeri dei contagi, il trend francamente esponenziale nei diversi focolai e la proporzione tra ricoveri ospedalieri e possibilità di cure intensive) che detta parodie di un profondo Medioevo, c’è posto per qualche godimento, per capirci, del tipo che fa scegliere a qualcuno i film “di paura”? C’è per qualcuno qualche motivo per desiderare che uno stile di vita imposto dalla pandemia abbia a continuare indefinitamente? Certo che sì, figurarsi!

Una malattia sociale, seppure classificabile tra le più banali riferibili a un banale “eterno ritorno”, è una malattia e, secondo Freud, comunque porta con sé i cosiddetti “vantaggi secondari”.

Non equamente distribuiti in questo caso.

C’è chi gode a portare la mascherina che gli consente un altrimenti proibito dandismo da Anonymous e chi gode di stare a un rituale o addirittura a una liturgia di gesti e distanze ormai, dopo due anni, quantomeno stereotipati, tanto da sembrare riferirsi a uno strano genere di inedita fede o ideologia profilattica e addirittura normotipica, per usare un termine introdotto in sociologia dal filosofo Bazzanella.

C’è il burocrate che si allea prontamente con il sindacalista per dettare regole che favoriscano le istituzioni de-scritte in norme generali, superne, e quelle particolari che dettano semplicemente i modi di lavorare nei luoghi di possibile infezione, cioè dappertutto. Un esempio: gli uffici postali cui per forza o per amore i cittadini devono rapportarsi, a fronte di una utenza contingentata e in fila all’addiaccio davanti l’ingresso di una succursale rionale, invece di tenere gli sportelli ragionevolmente aperti fuori orario, non dico anche di notte, hanno dimezzato l’orario. Perché uno che lavora di meno con lo stipendio di prima dovrebbe voler tornare sotto questo riguardo a com’era prima?

C’è il sadico represso che finalmente trova facile sublimare e godere nel poter finalmente redarguire quello che trasgredisce anche di poco le regole di contenimento girando solingo nei viali del parco con mascherina abbassata. Oppure  a fulminarti con lo sguardo se gli tendi la mano al momento di presentarsi.

C’è il masochista che, più realista del re, si crea una tomba prematura tappandosi in casa, lock-down o non lock-down. Qualcuno, non avendo mai voluto fare qualcosa di piacevole o aver provato spesso delusioni in quell’esercizio, finalmente può esimersi con qualche ragione. Neanche parleremo per carità di patria dei godimenti degli ipocondriaci o dei misantropi naturali.

In generale, in una specie di plus-sublimazione generalizzata, qualcosa di più che una semplice razionalità nei comportamenti adatta agli eventi viene presentata come imprescindibilmente etica, tale da adattare gli scopi ai mezzi piuttosto che i mezzi agli scopi o tale da essere scritta in un novello petroso decalogo per un nuovo moralismo. Oppure, ed è da brivido, per l’ipotesi di una nuova perdurante sistemazione dei legami sociali che fatalmente vedrebbe affacciarsi il rovescio irrazionale di qualche super-razionalità.

Diciamola tutta: perché mai il potere, qualsiasi potere che, se può, fa a meno di esercitare l’autorità fintanto che può coltivare l’illusione dell’autorevolezza (a scanso del farla automaticamente svanire…) mentre mai e poi mai si disferebbe di strumenti di controllo, dovrebbe rinunciare a profittare e godere di impreviste possibilità di controllo che l’evento gli offre?

Potrebbe sembrare che ora vogliamo strizzare l’occhio al popolo NO VAX meno paranoide, che si immagina libertario seppure per la “libertà da” senza il contraccambio della “libertà di”:  quel popolo che, per poter dire la sua, non cade nel trabocchetto dei deliri pseudoscientifici o complottistici  (Bigfarma o Soros…) e non cerca il pel nell’uovo che l’epidemiologo di turno deposita in TV, con l’intento di detronizzarlo dal ruolo messianico dello Schicksalsmensch. NO VAX più che altro a dispetto!

Niente affatto, semplice ragione vuole, e dio non voglia che torni ad avere la maiuscola della dea di Robespierre, che chi può decidere decida per l’obbligatorietà vaccinale o almeno per misure che scoraggino in solido la renitenza degli sciocchi che per godere magari malamente vogliono intristire il mondo degli altri o renderlo più insicuro di quanto può esserlo.

Vi sono persone che non vogliono mettersi al riparo dal morbo solo per il gusto di continuare a predicare che il morbo non può avere soluzione causale: il gusto del Bastian contrario, gusto popperiano comunque preferibile al gusto del NO VAX che, visto che i fulmini non colpiscono i lauri , briga in compagnia del dottor Di Bella per piantare lauri sui tetti a sostituire i parafulmini. Comunque in entrambe  le categorie di renitenti ci si  prende la libertà di sconfinare nella libertà altrui di voler semplicemente vivere.  C’è anche l’anarchico immaginario che si oppone fieramente ad ogni ipotesi di obbligo vaccinale e non si vaccina per protesta preventiva, ma quando si ammala  va in ospedale e costa alla sanità più di mille Euro al giorno come tutti. Oppure quello che fa “l’anima bella”, si oppone e si vaccina, un Cretinetti che al semaforo dell’incrocio passa con il verde augurandosi che un altro possa passare con il rosso.

Tornando alla razionalità e al suo rovescio, la finiremo con la sciocchezza per cui un gruppo di 50 turisti che arrivano in autobus più o meno stipati perché guariti o vaccinati, venga suddiviso in 5 manipoli per poter entrare in un museo italiano con visita già prenotata impiegando così cinque ore invece di una? Ma prima o poi bisognerebbe anche finirla con i media che cincischiano attorno al problema per il gusto del sensazionalismo che paga in ascolti o tirature. Ai ” politici che”, come scrisse Ida Magli, ”sono il braccio mentre ormai i giornalisti sono la mente”, fa comodo (fa comodo ad entrambi) la retorica artificiosa delle opinioni da preservare democraticamente, delle dos banderas che devono essere tenute in campo e moderate da qualche piccolo arbitro autoeletto  anche se una è uno stendardo gonfalone e l’altra uno straccio. E meno male che il potere arbitrale grande oggi si diluisca tra attori diversi.  Non sarebbe invece l’ora che i politici rinuncino a una manciata di voti da raccogliere sotto uno straccio di irrazionalismo? E’ buffo, come se non fosse giunta loro notizia che, oltretutto, i NO VAX non vanno più che altre compagini a nutrire le schiere dell’astensionismo elettorale e piuttosto si distribuiscono tra determinati partiti populisti e antieuropeisti senza che si preannuncino tentennamenti.

Per finire, sommessamente, crediamo che in queste “circostanze culturali” non sarebbe male riprendere in mano del romanzo “I promessi sposi” i capitoli sulla peste e la “Storia della colonna infame”, là dove si mostra bene come il buon senso può capitolare di fronte al senso comune. E’ la paralisi della ragione e del sentimento che può sopraggiungere in chiunque di fronte alla Cosa, alla mantide che ci guata vorace, la paralisi che può prendere tutti, sia coloro che possono e pensano di sapere sia coloro che non possono e di sapere non vogliono saperne. Ma il godimento può restare, è del Reale che non manca di nulla, neanche della morte, così può continuare a fare da sfondo, finché dura, al problema del senso e del non senso della vita.

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