42. FLUSSI

Se un “significante rappresenta il soggetto per un altro significante”, allora il suo presupposto sensibile assegnato, una lettera per quello stesso significante puramente differenziale, non può che rappresentare l’Altro in quanto tale. Il luogo in cui la significazione avviene, se avviene.

 È l’assenza di referente non solo oggettuale che rende il concetto di lettera del tutto avulso da quello di significante: ogni perceptum che ci appaia in sé enigmatico, isolato, si fa lettera. Enigma, quantomeno: pura supposizione di senso e godimento in un altro o un’altra. O in un Altro fatto fantasma.

 Ma l’”estimità” dell’Altro nel soggetto è il vero problema abissale: essenzialmente filosofico ed esprimibile come inesistenza non solo di un Altro dell’Altro, ma di un soggetto del soggetto. Di che? Di Legge simbolica, di godimento, di desiderio inconscio.

 Se c’è qualcosa che si radicalizza nel Simbolico è il chiasmo tra la nostra solitudine e il tentativo amoroso di porvi rimedio, tentativo che può realizzarsi nel riconoscimento dell’altrui  soggetto (“in carne ed ossa”, come si dice, per non riconoscerlo come indefinito…) in un dialogo e resterebbe invece senz’altro fallimentare nella speculazione immaginaria in cui ci contorniamo di fantasmi, quelle parvenze in cui alcuni significanti risultano bloccati in un unico ed isolato significato.

 Oggi ci chiediamo  spesso se l’intelligenza artificiale nel suo impetuoso avanzare sostituirà il pensiero umano ritrovabile pur sempre nel linguaggio simbolico che procede sul doppio binario del sintagma e del paradigma. No, sul binario del paradigma, ovvero dei significati, troverà un attrito logico che tardi o tosto darà luogo a retroazione. La macchina riconosce un significato per ogni item o input, non può recepire che il significato sia, così com’è, nient’altro che non tutti gli altri significati. Non potendo essere scritta algebricamente la sommatoria di questi, se non con limite che va da zero a infinito.

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